CRISTINA PICCIN

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La leadership sportiva proiettata nell’impresa: leader o manager?

Cosa può insegnare lo sport d’élite alla gestione dell’impresa?


Nello sport si dà molta importanza al sentimento collettivo, alla coesione, all’idea di
unione, in quanto laddove il coach ha assunto il ruolo di leader, ha una grandissima
influenza sulla prestazione della squadra. I giocatori e gli atleti sentendosi parte
integrante e partecipativa di un gruppo efficace si identificano in esso e si vedono
legati con gli altri in un senso di appartenenza che diventa molto forte.
Non è un caso che le organizzazioni e le imprese che raggiungono il successo siano
quelli che riescono a incanalare nei diversi livelli dell’azienda dei valori condivisi,
delle missioni e delle strategie nelle quali tutti i componenti lavoratori si identificano e
per le quali si sentono utili e indispensabili. Insomma come in una squadra che
rincorre un titolo.


Nel concreto, come si effettua questo paragone?
Prima cosa: essere un Leader o essere un Manager?
Per molti potrebbe sembrare vaga come contrapposizione, ma vi è una sottile
differenza come lo schema sottostante vi può riassumere.


il manager ricopre un’immagine di colui che è esperto, che padroneggia una
tecnica specifica del suo campo di lavoro e ha delle capacità relazionali riconosciute.
Diventare manager è effettuare un cambiamento d’identità professionale e un
“allentare” il proprio ruolo di esperto (ovvero il cosa?) per assumere maggiormente
una posizione di regolatore concentrato sul processo (ovvero il come?) Egli è
focalizzato sulla gestione del processo, come le relazioni tra persone, metodi, ecc.
tenendo sempre bene a mente il proprio obiettivo di lavoro.

Il leader in genere è quella persona “che si segue”. Diventare un leader
richiede un cambiamento d’identità professionale diretto verso il senso (ovvero il
perché? e il per cosa?) Egli è concentrato invece sulla visione strategica di quello

che sta compiendo l’azienda. Il leader è portatore di senso per ogni individuo della
squadra aziendale.
Ciò non esclude tuttavia che si possano ricoprire tutte e due le figure.


MANAGER:
• Sa come fare
• Sa raggiungere degli obiettivi
• É allenatore e facilitatore.
• Accompagna i cambiamenti

LEADER:
• Sa perché e per cosa fare e sa far fare
• Sa definire le finalità, gli obiettivi e le priorità. Sa far raggiungere degli obiettivi.
• Influenza la visione e facilitatore del senso del lavoro.
• Pilota le trasformazioni


Questo atteggiamento da parte dei dirigenti o dai “managers” darebbe come risultato
un’effettivo sentimento di inclusione in un progetto comune e una visione di sviluppo
positiva da parte dei lavoratori, che quindi renderebbero l’organizzazione più
efficiente e performante. In queste equipes di lavoro il “noi” ha un ruolo ben più
rilevante che l’”io” nella prestazione di squadra.


Nello sport questo lo si può notare soprattutto dal modo in cui i leaders (allenatori,
capitani, giocatori) incoraggiano, credono ed hanno fiducia nelle capacità di ogni
singolo e quindi del gruppo, esprimendolo positivamente sul campo.
Di conseguenza tutto ciò vale anche nel settore lavorativo, dove il dirigente
valorizza i collaboratori e rinforza i loro punti di forza, stimolandoli a prendere le
proprie responsabilità, dando loro lo spazio ed il tempo per proporre delle
soluzioni e non identificando solamente dei problemi, e soprattutto credendo nelle
loro qualità e nella loro autonomia. In tale modo il leader permetterà una creazione
di processi di coesione, di comunicazione, di fiducia tra i collaboratori che
porterà a dei risultati positivi. Per tale ragione è importante per un leader di non
concentrarsi unicamente sul risultato (e soprattutto non con atteggiamento negativo!),
ma di focalizzarsi sul senso della sicurezza e fiducia della squadra orientata verso il
processo e il lavoro.
Il leader influenza, non manipola:
“L’arte dell’influenzare” è una competenza professionale chiave per la leadership

positiva (sportiva).
Purtroppo molto spesso dirigenti, ma anche allenatori nel mondo dello sport,
confondono l’influenza con la manipolazione, provocando così dei risultati negativi
nella coesione e nella fiducia della squadra.


• Influenzare significa :
• distribuire degli obiettivi chiari ed espliciti
• avere un’intenzione positiva nei confronti dei propri collaboratori
• basarsi su dei principi e dei valori
• l’interlocutore è consapevole dell’influenza del leadership
• Manipolare invece vuol dire:
• distribuire degli obiettivi confusi, non enunciati e volontariamente falsi
• cercare di trarne profitto dall’altro
• il fine giustifica i mezzi
• l’interlocutore non si rende conto della manipolazione

sì influenzare, ma in che modo?
Ci sono diverse maniere che il leader/manager può utilizzare per fare ciò:

  1. Leve di influenza legate alla sua postura: Egli non può usufruire direttamente delle
    punizioni e delle ricompense o basarsi sul suo stato gerarchico, quindi il manager/leader si
    consacrerà suo successi precedenti (che offriranno lui una certa legittimità) e degli appoggi
    esterni di indiretta gerarchia importante.
  2. Leve di influenza legate alla sua persona: Né esistono quattro forme:
  3. l’informazione
  4. la persuasione
  5. l’expertise
  6. l”interesse per l’altro
  7. Leve di influenza legate alla sua missione: Il tipo di compito da portare a termine
    può ugualmente essere qui utile in quanto pone il manager/leader al centro di un insieme di
    diverse componenti (imprese, servizi, mestieri, ecc.), essa offre la possibilità di organizzarsi
    senza gerarchia abituale ed ha un ruolo importante nella strategia che unita agli strumenti dati
    dal manager porta l’equipe ad agire motivata.
    E perché i collaboratori dovrebbero esserne d’accordo?
    Per fare ciò è necessario soddisfare due condizioni:

• La missione/lavoro deve essere compatibile con le altre attività del
lavoratore: Nello specifico essa deve essere quindi:
• legittima e coerente con i suoi obiettivi/responsabilità
• possibile secondo le sue competenze e autonomia
• compatibile con i ritmi delle attività permanenti
• Le aspettative e il funzionamento del lavoratore devono essere
compatibili: il lavoratore si impegnerà solamente se esso sarà in linea con i propri
bisogni psicologici, le sue priorità ed obiettivi professionali, i suoi interessi.

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